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SANATORIA EDILIZIA: CONSENSO DEL TERZO PUO’ ESSERE ASSUNTO QUALE CONDIZIONE PER IL SUO RILASCIO?

Il rifiuto opposto dall’amministrazione competente al rilascio del provvedimento di sanatoria subordinando lo stesso al preventivo consenso del terzo risulta destituito di fondamento, sia in fatto che in diritto, e pertanto deve ritenersi illegittimo.

Al fine di verificare se la richiesta di sanatoria presentata ex post dal responsabile dell’abuso possa essere sottoposta alla condizione del preventivo consenso del terzo, è necessario dare conto dell’istituto giuridico sotteso.

La disciplina oggetto di analisi è regolamentata dal D.P.R 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico Edilizia) agli art. 36 e 37.  A norma delle disposizioni in esame, è possibile, infatti, richiedere la regolamentazione dell’intervento edilizio realizzato in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività sia nelle ipotesi in cui quest’ultima può sostituire il permesso di costruire (art 23 TUE) sia in caso di interventi edilizi realizzabili subordinatamente alla preventiva segnalazione certificata di inizio di attività.

Restando in un’analisi prettamente procedimentale dell’istituto, soggetti legittimati a richiedere il permesso di cui sopra, entro i termini di cui all’art. 36, sono il responsabile dell’abuso oppure l’attuale proprietario dell’immobile.

Per ciò che concerne il caso sottoposto all’attenzione dello studio, la vicenda trae origine dalla richiesta di sanatoria presentata a seguito della costruzione di un’apertura su un immobile. L’amministrazione Comunale, quale organo competente al rilascio del provvedimento de quo, si esprimeva negativamente asserendo, quale condizione per il rilascio, la necessità del preventivo consenso del condomino frontista (terzo)

Orbene la motivazione addotta è stata riconosciuta priva di fondamento dal TAR adito sulla scorta di un principio consolidato in giurisprudenza di seguito riassunto.

Il provvedimento di regolarizzazione (condono o sanatoria) attiene esclusivamente al rapporto tra la PA e privato esplicando i suoi effetti entro tali limiti. 

L’attività istruttoria che l’amministrazione deve porre in essere al fine del rilascio del provvedimento attiene, infatti, esclusivamente ad una verifica in punto di legittimazione del richiedente “ accertando se questi sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o se, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria” (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2014, n. 4818) non avendo anche l’obbligo “ di procedere ad un’accurata disamina dei rapporti civilistici (v., ex plurimis, Cons. Stato Sez. VI, 28.9.2012, n. 4128; Cons. Stato, Sez. VI, 20.12.2011, n. 6731; Cons. Stato, Sez. IV, 0.4.05.2010, n. 2546)”. Esula pertanto, dall’attività dell’Organo, la valutazione circa eventuali pretese che soggetti estranei al rapporto concessorio potrebbero avanzare, e tuttavia non per questo risultano privi di considerazione e conseguentemente di tutela, i diritti dei terzi eventualmente sacrificati in via amministrativa i quali possono essere azionati nelle sedi opportune.

A fronte dell’efficacia inter partes del provvedimento di sanatoria, è infatti, positivamente prevista, una clausola di salvaguardia a norma della quale “il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi” (art. 11- 3 comma TUE). La tutela dei privati si esplica, infatti, sul piano civilistico. “la sanatoria edilizia (…) non comporta una modifica della disciplina urbanistica, né di conseguenza fa venir meno la contrarietà della costruzione alle norme che regolano i rapporti fra privati in materia di distanze nelle costruzioni contenute nel codice civile o di questo integrative (Cfr. Cass. n. 12984 del 1999; Cfr. Cass. n. 4438 del 1997; Cass. n. 5828 del 1996)” (Cfr. Cass., civ. sez. II, del 16 aprile 2018, n. 9268).

In proposito il Consiglio di Stato, pronunciatosi recentemente, è tornato ad affermare che “la sanatoria o il condono degli illeciti urbanistici, inerendo al rapporto fra P.A. e privato costruttore, esplicano i loro effetti soltanto sul piano dei rapporti pubblicistici – amministrativi, penali e/o fiscali – e non hanno alcuna incidenza nei rapporti fra privati, lasciando impregiudicati i diritti dei privati confinanti derivanti dalla eventuale violazione delle distanze legali previste dal codice civile e dalle norme regolamentari di esse integratrici” (Cfr. Cons. Stato, Sez. II, 12 marzo 2020, n. 1766).

Senza però con ciò disconoscere che altro rientamento del Consiglio di Stato ritiene che in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussista l’obbligo del Comune di verificare il rispetto dei limiti privatistici seppure soltanto alla condizione che tali limiti siano effettivamente conociuti o immediatamente conoscibili o non  contestati senza però necessità di procedere ad accurata ed approfondita disamina dei rapporti civilistici (cfr Cons. Stato, Sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4861).

Pertanto sulla base delle argomentazioni svolte e della più recente giurisprudenza in materia, si può concludere che il rifiuto opposto dall’amministrazione competente al rilascio del provvedimento di sanatoria subordinando lo stesso al preventivo consenso del terzo, risulta infondato in fatto ed in diritto e pertanto illegittimo.

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