NORME E TRIBUTI Il Sole 24 Ore 09 OTTOBRE 2019 – Articolo di Angelo Zambelli PROCEDURE COLLETTIVE
Licenziamenti, verifica sulla professionalità e non sulla mansione Per la Cassazione non è sufficiente considerare l’attività svolta in azienda Accogliendo due motivi di ricorso promossi da una lavoratrice, la Cassazione ha statuito che, affinché sia legittima una riduzione della platea dei lavoratori da licenziare in una procedura collettiva, le ragioni fondanti tale scelta devono essere espressamente rappresentate nella lettera di avvio della procedura di mobilità (ordinanza 24882/2019). Ciò rispondendo alla finalità cardine attribuita a tale comunicazione, ovvero quella di garantire l’effettività e la trasparenza del confronto con le organizzazioni sindacali destinatarie della comunicazione stessa.
Inoltre, prosegue la Corte, occorre effettuare un’ulteriore verifica afferente la pertinenza e inerenza di tale delimitazione alle ragioni poste alla base della procedura, in quanto la predeterminazione del campo di selezione (reparto, stabilimento, singole lavorazioni o settori produttivi) deve essere giustificata dalle esigenze organizzative, tecniche e/o produttive che hanno dato luogo alla riduzione del personale.
La Cassazione, avendo accertato che la Corte d’appello ha omesso di «soffermarsi su questo fondamentale elemento destinato a condizionare la validità dell’intrapresa procedura sotto il profilo della corretta selezione dei dipendenti da licenziare» – ha accolto su tale punto il ricorso articolato dalla lavoratrice, cassando con rinvio la sentenza della corte territoriale che, pur avendo dichiarato l’illegittimità del licenziamento, si è limitata a rilevare una mera violazione procedurale (comunicazione in base all’articolo. 4, comma 9, della legge 223/1991 intervenuta oltre il termine di sette giorni dal recesso) con conseguente applicazione della “sola” tutela indennitaria prevista dall’articolo 18, comma 5, dello Statuto dei lavoratori.